Leggo il mio ultimo post, data 6 luglio, e penso che tra pappe e pannolini il tempo per pensare e scrivere è davvero poco. Proprio ieri sera, nell'andare verso il Nuovo Eden per il film d'animazione "L'illusionista" (poeticissimo ma triiiiste!), mi sono trovata a passare sotto la gru che da più di una settimana ospita il presidio permanente degli immigrati che chiedono il permesso di soggiorno. Non avevo ancora avuto occasione di andarci. Mi sono stupita di come quell'angolo di città sia diventato improvvisamente punto di incontro e di ritrovo per un nutrito gruppo di stranieri. Noi italiani la forza per manifestare non ce l'abbiamo più - mi sono detta -, ma c'è ancora qualcuno che ha voglia di farsi sentire. Poi stamattina mi sveglio e scopro che la polizia ci ha fatto un blitz e mi dico "Peccato, un'altra occasione di dialogo e di integrazione persa".
Probabilmente chi sta sopra e sotto la gru sta sbagliando il metodo. Non sono nemmeno certa che proprio quei sei barricati a 35 metri di altezza abbiano i requisiti per il permesso, non l'ho ancora capito, ho perso dei pezzi da quando sono in maternità.
Ma la ragione profonda della protesta è giusta. Ho seguito spesso in questi anni da cronista le procedure per la regolarizzazione degli immigrati e ne sono rimasta indignata. Mi sono trovata davanti ad onesti lavoratori stranieri stipati alle porte dei patronati come su un carro bestiame, incapaci di capire fino in fondo regole troppo complesse persino per chi le ha pensate. Davanti a governanti che sbattevano la testa contro il muro, sostenendo che con metodi bizzarri sarebbero riusciti a bloccare all'origine i flussi migratori. Balle. Quando la vita corre veloce, la politica deve saper fare un passo indietro.
Resto in attesa di vedere come si risolverà questa vicenda, se chi governa saprà utilizzare il buonsenso o dovrà appellarsi alla forza. Nel secondo caso, i rischi sono davvero enormi. Chi - per dirla come Rino Gaetano - è sfruttato, malpagato e frustrato non ha nulla da perdere.
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